Per questa ultima domenica dell'anno, ho scelto di condividere con voi la narrazione di una delle ultime donne che hanno aderito il mese scorso al progetto #quellache, Olga Corti.Ogni volta che rileggo questa storia, provo un mix di tenerezza e forza e non so spiegare bene come, un senso di "nostalgia" per ciò che dovrebbe sempre essere, e a volte non è.E vorrei abbracciare e congratularmi con quella bambina e con lei anche la bambina che è dentro noi tutte, per infonderle lo stesso coraggio, e trasformare così la sconfitta in vittoria.
Questi sono i miei auguri per tutt* voi.
Quella che
trasformò la sconfitta in vittoria La
prima volta che trasformai la sconfitta in vittoria, fu in seconda elementare,
agli inizi degli anni '70. Vivevo in una piccola frazione, a Vinci. La
"grave colpa" era essere figlia di genitori sposati con solo rito
civile. Sì, allora, nella mia realtà, era un grave scandalo. Questa voce
"risuonava" nella scuola e in paese, e bambini ed adulti, più o meno
apertamente, mi facevano presente il "problema" e la
"diversità". Mi sentivo all' "angolo ed alla gogna".
Un
giorno ne parlai con mio padre. Mi disse che valevano le regole generali di
sempre, i principi secondo i quali mi avevano cresciuta: il coraggio delle
proprie idee, il rispetto delle idee
altrui, il battersi sempre per la
libertà di espressione, il non condivido la tua idea ma combatterò fino alla
fine affinché tu possa esprimerla. Non aggiunse altro. Non mi protesse oltre.
Non intervenne. Rimuginai tutta la sera su quelle parole. Non aveva risolto il
mio problema. Eppure quelle parole di mio padre dovevano contenere la
soluzione.
La mattina seguente la mamma
"mi caricò" sulla mia biciclettina bleu troppo alta e mi spedì a
scuola. Mentre pedalavo, magicamente trovai la soluzione che stava nascosta
nelle parole di mio padre. Uauhhhh!!!! Avrei tenuto un discorso in classe!!!
Sì!!!! Avrei detto a tutti la verità sul matrimonio dei miei genitori e avrei
sostenuto che ne ero fiera.
Così feci. Finito l' appello (ricordo eravamo 32 in
classe), alzai la mano. "Signora Maestra, devo dire una cosa". Ero la
più piccola per età e per altezza. Il cuore in gola, una massa di riccioli
ribelli in testa: "Io voglio dire a tutti che i miei genitori non sono
sposati in chiesa ma solo in comune, ecco, così adesso tutti lo sapete e non
dovrete più chiedermelo. Io sono orgogliosa di loro perché, anche se non condividono
la scelta dei vostri genitori, la rispettano. Così voi dovete rispettare la
scelta del mio babbo e della mia mamma". Gelo in classe. I bambini,
basiti: c' era chi abbassava lo sguardo, chi mi guardava con occhi estasiati,
chi non sapeva dove guardare. La maestra, semi-svenuta, dopo aver raschiata la
gola, balbettò a lungo prima di riuscire
a prendere in mano le redini della situazione. Anche se il cuore mi batteva a
mille, durante il mio discorso, non abbassai mai la testa né lo sguardo e, dopo
aver finito, sentii dentro di me la forza di una piccola leonessa.
Dal giorno
del discorso diventai una leader. Nessuno mi mise più all'angolo ma venivano da
me per chiedermi consigli. Avevo trasformato la sconfitta in vittoria.
Io
ho avuto la fortuna di dovere iniziare ad esercitarmi presto ma non c'è età per
imparare e imparare è possibile sempre. .
Olga Corti, nata a Empoli nel 1965, laureata in Medicina e Chirurgia, con Specializzazione in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica. Lavora come libera professionista a Firenze occupandosi di Chirurgia Estetica. Sposata con Vittorio, hanno due amatissime cagnoline Chaga e Lola. Non tollera i soprusi e l’arroganza, è una fautrice delle meritocrazia. Profonda sostenitrice dei diritti umani, si batte contro la pena di morte. Crede fortemente nel valore della libertà, della democrazia e dell’ impegno politico. Sostiene le associazioni Amnesty International e Nessuno Tocchi Caino
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